Come le borse della verdura, o come un pechinese con gli occhi a palla e la lingua di fuori.

Ok, facciamo un passo indietro. C’erano un matematico, una ginecologa, un’archeologa e una storica dell’arte: no, non è una barzelletta, anche se fa abbastanza ridere già così. Insomma, eravamo quattro amici ad Amsterdam, e la parte della storica dell’arte la facevo io.

Potrebbe sembrare l’ennesimo post di viaggi, ma come ho già detto, non sono una travel blogger, anche perché non viaggio così spesso da recensire nuovi posti con regolarità. Però certe cose ha senso raccontarle.

Avete presente quegli enormi cestini da bici contenenti da 1 a 3 bambini, solitamente biondi, che si vedono molto di rado sulle nostre strade? In quei casi, l’uscita più comune è: “Ah, verranno sicuramente dall’Olanda!”. E infatti, sono stata in Olanda e ho dovuto provare questa attrazione.

Non potendo pedalare (non so andare in bici, non ho equilibrio e servirebbe una mini-bici su misura), ma volendo esplorare la città con il suo mezzo più tipico, l’unica soluzione era: BAKFIETS! Lì sono attrezzatissimi nel noleggio di bici per ogni esigenza: tutti i bambini viaggiano nei cestini anteriori, anzi cassoni, di queste biciclette super lunghe e difficili da manovrare se non si ha una certa dimestichezza (ma il matematico del caso ce l’aveva). Il cassone serve un po’ a tutto: in una capitale in cui la maggior parte delle persone si muove pedalando, bisogna anche trovare un modo per trasportare ciò che non può pedalare a sua volta (prole, merci, spesa, cani, rifiuti, ecc. ecc.). In quel caso la bakfiets ha trasportato me. Una me molto ignara.

Sfido a trovare una persona adulta, intendo grande, di almeno 70 kg, che abbia viaggiato nel cassone di una bakfiets, se non nel mezzo di una sbronza (ma a quel punto la percentuale olandese schizza vertiginosamente, suppongo). In ogni caso io ero sobria.

Il cassone di legno ha un comodissimo (sic) panchetto a due posti (due posti-bambino si intende) da cui si gode una vista privilegiata sui pali della luce o sulle altre bici che ci corrono festosamente incontro. È come essere sulla prua di una nave. Io occupavo il panchetto da sola, legata con una cinturina da seggiolino, e condividevo il resto del cassone con lo zaino del mio autista matematico.

Nel cassone della bakfiets, se devi farti male, ti fai MOLTO male: niente protezioni, niente caschetto, niente cintura di sicurezza avvolgente. A questo ho continuato a pensare per tutto il tragitto. Ma, una volta allentata la tensione dei primi 5-400 minuti, sono anche riuscita a godermi il sole e il vento in faccia, e a fare delle fotografie, visto che ero l’unica del gruppo ad avere le mani libere.

Ho pensato anche che un mezzo così, per una persona con difficoltà motorie, sarebbe la svolta; ma allo stesso tempo la bakfiets è difficilmente proponibile in Italia: la dimensione più allungata la rende meno manovrabile dove non ci sono piste ciclabili in piano, nel traffico, su pavimentazioni di ciottoli, nelle stradine impervie dei nostri centri storici.

Se volete avere una vaga idea di cosa si vede dal “cestino” di una bici, guardate questo video!

 

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