Processo. Dürer. Mercatini.

Se dovessimo fare un brainstorming attorno alla parola “Norimberga“, sono sicura che l’associazione mentale con “processo” stravincerebbe su tutto; al secondo posto ci sarebbe una prevedibile scena muta, seguita da un timido “Albrecht Dürer“, rivendicato da uno sparuto drappello di storici dell’arte, in cui mi ci metto in mezzo anch’io. Ma se chiedete al veronese medio, vi risponderà senza alcuna esitazione “Mercatini di Natale”: retaggio ormai inestirpabile dalla memoria collettiva della città, la cui amministrazione da qualche anno ha trasformato Piazza dei Signori a Verona nella roccaforte natalizia dei mercatini di… Norimberga, ohibò! Oscuri coups de théâtre comunali.

Facendo una rapida ricerca su Google, ho pure scoperto che esiste uno strumento di tortura (medievale nell’immaginario comune, ma probabilmente ben più tardo) chiamato la “Vergine di Norimberga“, e che non è altro che quella specie di sarcofago antropomorfo tempestato di aculei all’interno: al fortunato vincitore veniva così regalata un’agopuntura mortale.

Tutto questo preambolo per dire che a Capodanno sono stata a Norimberga con due amici e che abbiamo scelto questa meta dell’ultimo momento senza un motivo particolare: era raggiungibile in qualche ora di macchina da Verona e gli hotel costavano meno rispetto ad altre città europee. Fine. A quel punto è entrato in scena il brainstorming di cui sopra: “processo” batteva “Dürer” 2 a 1.

NaNorimberga

Questa cosa degli hashtag creati ad hoc per ogni viaggio mi sta un po’ sfuggendo di nan…mano, volevo dire mano. Come per i post sulle Vacanze RoNane, l’hashtag che ho usato sui social per raccontare il mio Capodanno 2018 è stato, a gran richiesta, #NaNorimberga!

Ah, piccola avvertenza per questo post: ho scelto di non documentare ogni singolo minuto della nostra avventura bavarese, né di farlo per forza in un asettico e ridondante ordine cronologico. Per esempio, il primo e l’ultimo luogo che abbiamo visitato, entrambi legati alla Norimberga nazista, ve li racconto nel prossimo articolo!

I protagonisti

I personaggi di questa storia sono: io Francesca (ormai mi conoscete), con una valigia più grande di me e la passione per le cose più vecchie di 500 anni; Margherita, sociologa con la passione per le guide turistiche tascabili e le tazze a tema; Enrico, UX designer (un creativo, dunque) con la passione per le stazioni dei treni e le metropolitane.

Norimberga

Io, insieme a Margherita e Enrico, sul fiume Pegnitz

Dato che prenotare un qualsiasi mezzo di trasporto pochi giorni prima di Capodanno era impensabile per le nostre tasche da precari, abbiamo scelto di viaggiare con l’auto di Enrico, guidatore prudente e instancabile. In circa 8 ore – dopo paesaggi alpini mozzafiato, tanta neve, casellanti carini, una sosta caffè in un autogrill del Südtirol (uno di quei varchi spazio-temporali in cui puoi trovare i cantucci toscani di fianco alle Palle di Mozart), una deviazione su strada normale causa incidente sull’autostrada, un pranzo in un Burger King della Baviera e un “ciao-ciao” alla città di Monaco dal finestrino della macchina – sabato 30 dicembre siamo giunti nella “capitale” della Franconia.

L’Hotel Marienbad si trova in centro città, a 150 m dalla stazione dei treni e della metro: fossimo andati in treno, avremmo potuto lanciare le valige direttamente in camera, una tripla molto spaziosa. Davvero un hotel grazioso, in posizione centrale e strategica, con ottima colazione (chi non adora le colazioni degli alberghi?), un ascensore con i pulsanti bassi (olè) e porte d’ingresso automatiche… ma che mi scivola sui 4 gradini all’entrata!

DB station

L’ingresso principale della stazione centrale di Norimberga

La stazione di Norimberga ha un aspetto imponente, oserei dire mitteleuropeo: tanto affascinante, per Enrico soprattutto, che già il giorno dopo il nostro arrivo eravamo dentro a pranzare con un panino. E come ogni stazione del mondo, il suo piazzale accoglie un campionario dell’umanità più varia: ci passavamo davanti almeno due volte al giorno, nel tragitto da e per l’hotel.

La città

Norimberga è una sorpresa. Ammetto la mia ignoranza, temevo che tre giorni pieni, esclusi i viaggi di andata e ritorno, sarebbero stati troppi. Invece sono stati pochi, perché è una città da scoprire, con mille luoghi di interesse per tutti i gusti: c’è la Norimberga medievale, con le chiese gotiche e le case a graticcio (ma attenzione, perché la maggior parte del centro storico è stata ricostruita in seguito al devastante bombardamento del 2 gennaio 1945: basta saperlo!); ci sono i ponti sul fiume Pegnitz, il Rathaus, le fontane di piazza più fantasiose, la casa storica di Dürer; c’è la cinta murata e il Kaiserburg, la fortezza imperiale che domina la città; ci sono innumerevoli musei, come il grande Germanisches Nationalmuseum, il Neues Museum (che espone una collezione di arte contemporanea e di design), il Museo di Storia Naturale, il tradizionale Museo del Giocattolo e il DB Museum (il museo dei trasporti); c’è il triste retaggio della Germania nazista, con il Centro di Documentazione dell’area dei Congressi del Partito Nazionalsocialista, i bunker sotterranei dove vennero ricoverate le opere d’arte durante la Seconda guerra mondiale e il Palazzo di Giustizia, dove tra il 20 novembre 1945 e il 1° ottobre 1946 vennero processati i gerarchi nazisti per crimini di guerra e contro l’umanità.

St. Lorenz Nurnberg

La chiesa evangelica luterana di San Lorenzo

Kaiserburg Durer Haus

Il Kaiserburg visto dalle finestre della Casa di Dürer

Norimberga è mediamente più accessibile alle persone in carrozzina rispetto a tante città italiane, almeno per quanto riguarda le strade, i mezzi di trasporto, gli ascensori per la metropolitana, i musei; ma anche lei ha i suoi limiti, nell’ingresso di molti negozi, nella mancanza di toilettes attrezzate in alcuni bar o ristoranti, nell’oggettiva impossibilità di rendere praticabili luoghi storici e spesso angusti, come la Casa di Dürer, il Castello Imperiale o i bunker delle opere d’arte (che non siamo riusciti a visitare perché siamo arrivati 0,2 secondi in ritardo). Parte del centro storico è area pedonale e lastricata, ma alcune zone, come quelle attorno al Castello nella zona nord della città, hanno forti pendenze e praticarle in carrozzina è faticosissimo. Devo dire, comunque, che nelle varie biglietterie il personale si è sempre preoccupato di avvisarmi, con gentilezza (tranne l’omino dei bunker, che ci ha praticamente chiuso la porta in faccia),  delle possibili barriere architettoniche che avrei potuto trovare, lasciando a me la scelta se acquistare il biglietto oppure no.

Lo Spielzeugmuseum, ovvero il Museo dei Giocattoli

Il primo giorno utile per visitare la città è stato l’ultimo giorno dell’anno 2017: la mattina siamo stati al Centro di Documentazione del Partito Nazista (ve lo racconterò nel prossimo articolo), ma abbiamo subito capito che la scansione mattina-pranzo-pomeriggio sarebbe stata difficile da rispettare, soprattutto perché non avevamo idea di quanto tempo avrebbe richiesto ogni attività scelta. Fatto sta che siamo usciti alle 15, affamati, diretti a colpo sicuro verso la stazione centrale in cui eravamo certi di trovare del cibo a quell’ora del pomeriggio (e anche con la scusa di farci un giro).

Abbiamo così trangugiato un panino, ottenuto dopo un estenuante cortocircuito comunicativo con la barista poco anglofona, la quale non capiva che il panino indicato con italiana e inequivocabile gestualità da Margherita attraverso il vetro del banco frigo, era proprio quello che lei continuava a saltare mentre passava in rassegna con la mano tutti gli altri (ricordatevi che, al di fuori dell’Italia, “pepperoni” significa “salame piccante” e non, come logico, i peperoni). Un minuto perso così, anche se è stato un minuto piuttosto comico.

Sul planner di viaggio, alla voce “domenica 31 pomeriggio” c’era scritto: Spzkdlmkgzmt. Anzi no: Skpztgmnvn… Kztpslmnzm… Insomma, quella roba lì, il Museo del Giocattolo! Perché, a quanto pare, Norimberga è sempre stato un centro di produzione di balocchi. Museo grazioso, accessibile, adatto ad una visita a fine giornata, sebbene non sia per nulla piccolo! Animali di legno, trenini semoventi, macchinine in latta, bambole, case borghesi per le suddette, peluches, e chi più ne ha più ne metta, fino ai leggendari giochi della nostra infanzia da millennials, coagulati attorno all’archetipo di tutti i videogames da smartphone: il GameBoy Classic, quello a forma di mattone. Io ce l’avevo blu.

Spielzeugmuseum

La sezione delle bambole del Museo dei Giocattoli

Come è giusto che sia, il Museo del Giocattolo è a misura di bambino, e quindi un po’ anche mia: si trovano tavolini e seggioline per giocare, ma anche sgabellini BOLMEN e FÖRSIKTIG dell’Ikea – identici a quelli che girano per casa mia – messi a disposizione per guardare meglio nelle vetrine. Non lo trovate adorabile?

Il Germanisches Nationalmuseum

Il Museo Nazionale Germanico ospita la collezione più ricca al mondo di oggetti e opere d’arte della cultura tedesca: 1.300.000 pezzi. In effetti è grandino, e come tutti i grandi musei europei che si rispettino, abbiamo fatto una selezione delle sale da visitare (pensate, era la mattina di Capodanno e noi eravamo lì), finendo per mandare in malora anche quei buoni propositi quando si è fatta una certa e non siamo riusciti più ad assorbire niente.

Museo Nazionale Germanico Norimberga

L’ingresso al Germanisches Nationalmuseum con la “Via dei Diritti Umani”, sulle cui colonne sono enunciati gli articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani in tedesco e in altre lingue

Dipinti (immancabili Cranach e Dürer), madonnine lignee, santi di ogni sorta, oggetti di arte applicata, strumenti musicali, strumenti scientifici dal ‘400 in poi (incredibili gli astrolabi e le meridiane da viaggio), asce preistoriche dalla forma levigatissima, fibule celtiche, corredi barbarici… raccolti in un edificio moderno che ingloba anche parti di strutture ecclesiastiche medievali. La conoscete la tipica “camminata da museo” (cit. Enrico)? Quella ciondolante, che ti logora la zona lombare e che ti fa puntare dritto dritto verso i divanetti al centro di ogni sala? Io no. Cioè, almeno ho la comodità di essere seduta, e peraltro su un cuscino che ha la forma delle mie natiche, quindi non devo preoccuparmi che mi venga male ai piedi o alla schiena; tuttavia, nonostante il mio interesse per le “cose vecchie”, dopo 4-5 ore la soglia dell’attenzione si azzera anche a me.

Museo Nazionale Germanico

Una delle sale di arte rinascimentale del Germanisches Nationalmuseum

Museo Nazionale Germanico

In visita al Germanisches Nationalmuseum

Museo Nazionale Germanico

Ho perso la testa!

Museo completamente accessibile tramite ascensore, rampe e agili montacarichi; le vetrine espositive permettono un’alta visibilità e inoltre, per la prima volta in vita mia, nel bagno per disabili ho trovato un attaccapanni posto alla mia altezza! Menzione speciale va infine al “Cafè Arte“, il bar all’interno del museo, che aveva un menù da ristorante di tutto rispetto e una presentazione dei piatti ricercata, oltre che a un personale estremamente cortese nonostante fosse il 1° gennaio.

montacarichi disabili

Uno dei montacarichi del Germanisches Nationalmuseum

attaccapanni disabili

Finalmente posso usare l’attaccapanni!

Usciti dal Museo Germanico nel pomeriggio, eravamo talmente esausti per fare qualsiasi altra cosa se non vagare senza meta per il centro cittadino, scoprendo una fontana bizzarrissima – scolpita da Jürgen Weber nel 1984 e intitolata “La giostra del matrimonio” – che, ispirata a un poema di Hans Sachs, rappresenta le gioie, ma soprattutto i dolori della vita di coppia. Sorpresa ancora più grande è stato scoprire che la dirimpettaia Weißer Turm (Torre Bianca), una torre dell’antica cinta muraria, è l’ingresso dell’omonima stazione della metropolitana!

Il Kaiserburg e la Casa di Dürer

Nella zona settentrionale del centro storico vi è la collina su cui svetta, dal XII secolo, la fortezza imperiale; al di sotto, scavati nella roccia, ci sono i Kunstbunker dove, durante la Seconda guerra mondiale, sono state messe a dimora le opere d’arte della città per proteggerle dai bombardamenti e che ora sono visitabili con una guida ad orari stabiliti: data la presenza di scale ripide e anguste, non è un luogo accessibile alle persone in carrozzina, ma non posso dire di più perché noi stessi non abbiamo fatto tempo a prenotare una visita guidata.

L’ultimo giorno prima della nostra partenza verso l’Italia, siamo arrivati in zona con la macchina, parcheggiando all’inizio della salita del castello, che comunque è troppo ripida e dissestata per qualsiasi carrozzina o passeggino: infatti, appena arrivati – arrancando – alla biglietteria, abbiamo chiesto se per tornare giù Enrico potesse salire con l’auto a caricarmi (permesso che ci è stato accordato con molta gentilezza). In ogni caso, l’intero castello, con il museo, la cappella palatina, il “pozzo profondo” e la torre, è purtroppo totalmente inaccessibile.

Castello imperiale

La collina del Kaiserburg, il Castello Imperiale di Norimberga

Castello imperiale di Norimberga

La ripida salita al Kaiserburg

Io l’ho visitato lo stesso, parcheggiando la mia carrozzina all’ingresso e sgambettando per le sale con l’audioguida all’orecchio. Il Kaiserburg è stato dimora degli imperatori del Sacro Romano Impero dal 1105 al 1471, e successivamente presidio militare, fino alla sua quasi totale distruzione nel 1944-45. Il museo interno è una filiale del Germanisches Nationalmuseum: mostra il ruolo storico del Castello Imperiale di Norimberga ed i cambiamenti nel corso dei secoli, attraverso documenti, modellini, oggetti, mobili, armi e armature (grande sorpresa è stata trovare, in una vetrina, due elmi rinvenuti nel “nostro” Lago di Garda durante il XIX secolo).

Al di là della “macchina per turisti”, prevedibile, il castello merita una visita anche solo per l’impagabile vista che offre sui tetti rossi e sui campanili di Norimberga.

Tetti Norimberga

La vista dal Castello Imperiale sui tetti di Norimberga

Quel pomeriggio abbiamo concluso con la visita alla AlbrechtDürer-Haus, la dimora storica del pittore di Norimberga per antonomasia (1471-1528). È un grande edificio a graticcio su quattro piani, posizionato in un angolo suggestivo della città che ci riporta in un’atmosfera quattrocentesca. Anche questo museo è purtroppo inaccessibile alle persone in carrozzina (i gradini sono spesso alti e stretti) e la visita, con audioguida, dura un’oretta. Il buon Albrecht doveva essere un gran figo, in ogni senso possibile (a giudicare dall’autoritratto conservato alla Alte Pinakothek di Monaco di Baviera), ma a quanto pare non godeva di una vita coniugale felice con la moglie Agnes, la sola con cui sicuramente divideva questa casa, enorme per l’epoca e per una coppia senza figli.

Durer Haus Nurnberg

Una delle stanze “in stile” della Casa di Dürer

atelier pittore

L’atelier di un pittore, ricostruito nella Casa di Dürer

Non sappiamo quale funzione esatta avessero le stanze all’epoca di Dürer – alcune sono state ricreate “in stile” nell’Ottocento -, tranne la cucina con il suo enorme focolare, il regno di Agnes. All’ultimo piano è stato allestito un ipotetico atelier di pittore e, meraviglia delle meraviglie, in una stanza si trova un torchio da stampa funzionante, azionato da una rubiconda ragazza bavarese che, con gesti ipnotici, sforna in diretta piccole incisioni dell’imperatore Massimiliano I ritratto dal nostro Albrecht (l’originale è all’Albertina di Vienna) e le regala ai visitatori.

Mangiare a Norimberga

Per un italiano in vacanza il cibo è una questione di vitale importanza. Un italiano fa molta fatica a rinunciare alla canonica scansione colazione-pranzo-cena, in più noi tre facevamo fatica ad adeguarci agli orari in cui mangiano i tedeschi e arrivavamo sempre più tardi. Per quei quattro giorni e mezzo ho vissuto uno stato di sazietà permanente: ciò che mi fregava era la colazione in hotel, molto più abbondante rispetto a quella che faccio a casa, così arrivavo a pranzo (che poi erano quasi sempre le tre del pomeriggio) ancora con lo stomachino pieno, ma comunque ordinavo del cibo, che solitamente era abbondante e che si andava ad aggiungere alla colazione. Poi si aggiungeva la cena, e così via.

Se siamo davvero ciò che mangiamo, a un certo punto ho creduto di diventare un brezel. Altri sarebbero diventati bratwurst o Paulaner, ma io sono vegetariana e odio la birra, così mi sarei trasformata in un intreccio di pane (lo adoro!).

Credevo che un vegetariano in Germania avesse vita impossibile, ma mi sono dovuta ricredere: c’erano quasi sempre delle alternative prive di carne, il problema casomai è che erano più o meno le stesse e, con tutta la buona volontà, non si può andare avanti a käsespätzle per tre giorni di fila. Ho apprezzato molto le zuppe, di cipolle, di patate, di zucchine, che riscaldavano senza riempire eccessivamente una pancia già sazia.

Devo ammettere che abbiamo mangiato sempre gran bene e, contrariamente al pregiudizio che avevamo, abbiamo speso relativamente poco (spesso a Verona pago di più per le stesse portate): certo, bisogna sempre ricordarsi che una birra media costa meno di un litro d’acqua… ma tanto, chi la beve? Io, ad esempio, costantemente bistrattata dagli amici perché non sono una birromane. Anzi, una sera alla birreria Pillhofer ho voluto farmi del male, ordinando – per sentirmi a casa – quello che loro chiamano spritz e che fanno con un liquore non meglio identificato: vabbè, me la sono cercata consapevolmente.

Altri ristoranti degni di nota sono l’Augustiner Zur Schranke, in una grande casa a graticcio esattamente tra il Kunstbunker e la Casa di Dürer, ma soprattutto “quello con l’ochetta” (cit. Margherita): Hans Im Glück è una catena di hamburgerie presenti solo in Germania, che ha una selezione di burgers (anche veggie) davvero buoni e fa dei cocktails spaziali. La sede di Norimberga aveva sempre la coda all’ingresso, ma noi ci siamo andati per ben due sere su quattro, anche perché la qualità estetica (e umana, dai) dei camerieri era notevole.

mojito nana

Il mio mojito dell’ultimo dell’anno

Mi sono fatta riconoscere anche in terra bavarese, poiché la ragazza deliziosa che serviva il nostro tavolo, la stessa che la sera dell’ultimo dell’anno ci aveva chiesto come si diceva “Happy New Year” in italiano (e che, ripetendolo, ho pregato di raddoppiare la N di “anno”), alla seconda volta che ci vedeva mi ha apostrofata con un “Mojito for you?“. Brava ragazza, ti sei appena guadagnata la mancia!

E la sera dell’ultimo dell’anno?

Ah giusto, noi siamo andati a Norimberga per festeggiare il Capodanno. Siamo partiti un po’ allo sbaraglio, avendo in mente i concerti di piazza delle nostre città italiane: la sera del 31 dicembre 2017, dopo la cena da Hans Im Glück, abbiamo vagato per le strade  cercando di capire quale fosse l’ultimo dell’anno dei norimberghesi.

Ci figuravamo concertini tradizionali nelle piazze principali e vin brulè servito nelle tazze – pagate con cauzione – con la scritta “PROSIT” su uno sfondo di fuochi d’artificio. La realtà ha superato la nostra ottimistica immaginazione, facendoci ritrovare in uno scenario da guerra civile che neanche Napoli a Capodanno. Vabbè, sto esagerando, ma la situazione non era per nulla liscia e tranquilla: gli abitanti di Norimberga si riversano semplicemente nelle strade con i loro sacchetti pieni di petardi e fuochi d’artificio anche più complessi, e cominciano a sparare botti ininterrottamente dalle 22.00, soprattutto sui ponti (che diventano impraticabili a meno di non rischiare di ritrovarsi, un giorno, delle parti anatomiche nuove e di plastica) in un crescendo continuo, che allo scoccare di mezzanotte si trasforma in un bombardamento e che solo verso le 2.00 comincia a scemare. Noi, abbastanza ignari, ci siamo spinti lungo la via principale che dal centro conduce alla collina del Castello e a un certo punto un signore ci ha consigliato di non proseguire oltre, perché la situazione di lì a poco sarebbe peggiorata e per una persona in carrozzina sarebbe stato complicato correre via e ripararsi all’occorrenza. Wow.

Nurnberg

Capodanno 2018: uno dei ponti di Norimberga preso d’assalto dai fuochi d’artificio

Ci siamo così fermati poco lontano, in un punto più riparato ma abbastanza panoramico per vedere la pazzia della gente bavarese, senza un calice di prosecco o una birra, ma godendoci quello spettacolo inaspettato e tuttavia affascinante (forse perché molto “italiano”) come degno principio di un esplosivo 2018!

Capodanno Norimberga

Buon 2018!

 

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