Parafrasando una canzone di Orietta Berti, avrei anche potuto intitolare questo post “Io, tu e le Angiosperme”, oppure “Io, tu e le Magnoliophytae“. Tutto questo per tirarmela un po’ (ho pur sempre uno stampo accademico) e per raccontarvi con un post semiserio uno dei luoghi più belli che ho visto ultimamente: l’Orto Botanico di Padova, fondato nel 1545 su iniziativa dell’Ateneo patavino.
A Padova ci ho vissuto per qualche mese per motivi di studio, ed è una città che frequento tutt’ora, ma il caso (da leggersi pigrizia, n.d.r.) ha voluto che riuscissi a visitare l’Orto solo poche settimane fa, durante una gita domenicale di maggio con due amici.
Non starò a farvi la storia dell’Orto Botanico, che potete trovare tranquillamente qui, ma vi dico solo che è Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, in quanto “all’origine di tutti gli orti botanici del mondo“. Non ho nemmeno fatto molte foto, perché l’intento di questo post è darvi un’idea del luogo e di ciò che ho amato di più, rigorosamente dal mio metro d’altezza. Un modo per dirvi: non andate a Padova solo per vedere la lingua rinsecchita e i capelli di sant’Antonio, ma fate un salto anche in questo presidio della scienza!
L’Orto è diviso in due aree: l’Orto Botanico del 1545, ovvero il “giardino dei semplici” dalla peculiare forma circolare suddivisa in quattro parti (come un moderno Paradiso Terrestre), e il Giardino della biodiversità, inaugurato nel 2014.
Il giardino dei semplici segue una rigorosa suddivisione delle piante per famiglie e per specie, disposte in aiuole all’interno dei quattro quarti in cui è ripartita la pianta circolare. Stretti vialetti permettono di avvicinarsi alle piante (ma è vietato toccare!) e di leggerne il nome sui cartellini: non tutto è pienamente accessibile alle carrozzine, proprio per i passaggi talvolta angusti, ma nel complesso è tutto sommato fruibile.
Nel giardino storico si trovano alberi maestosi e antichi: la magnolia (Magnolia grandiflora) dall’inebriante profumo – uno dei primi esemplari introdotti in Italia – risale al 1786, ma l’albero più famoso dell’Orto è la cosiddetta Palma di Goethe (Chamaerops humilis), messa a dimora qui già nel 1585 e così chiamata perché il letterato tedesco, quando la ammirò nel 1786, formulò la sua teoria sull’evoluzione delle piante. Fa tenerezza vederla così “impacchettata” nella sua serra ottagonale!
Ciò che mi ha incuriosito di più è stata la sezione delle piante acquatiche. Vasche quadrangolari di varie misure ospitano esemplari di flora galleggiante: dalle classiche ninfee, a tappeti di foglioline minuscole multicolori, che oscillano tra il ricordare la pastina in brodo e l’evocare irresistibili patterns per tessuti.
Attraversando un tratto di parco romantico all’inglese (non perdetevi il maestoso Platanus orientalis del 1680, con il fusto cavo) si giunge all’Orto “nuovo”, il Giardino della biodiversità. Qui si è accolti da quattro grandi serre collegate tra loro, che riproducono diversi ecosistemi terrestri: il clima arido, il clima temperato e mediterraneo, la foresta tropicale subumida e la foresta tropicale pluviale (le palme altissime e dalle foglie gigantesche sono visibili anche dall’alto, grazie a un ballatoio che corre lungo il perimetro di questa serra e raggiungibile tramite ascensore).
Quando ho visitato io l’Orto Botanico era ancora attiva la mostra “Estinzioni. Storie di animali minacciati dall’uomo“. Il percorso – un po’ all’aperto e un po’ al chiuso – era realizzato sia con le sculture a grandezza naturale di alcuni animali in via di estinzione, del ciclo “The Faunal Countdown“ (e sì, vi autorizzo a far partire la musichetta nella vostra testa), sui quali erano applicati dei monitor riportanti il numero di esemplari vivi in tempo reale, sia da animali veri tassidermizzati, provenienti anche dal Museo di Storia Naturale di Bassano del Grappa (la cui sezione zoologica è composta da fauna di grandi dimensioni, proveniente per lo più da sequestri del Corpo Forestale dello Stato, importantissima per la “qualità” di conservazione e per la rarità degli esemplari ospitati).
Quale dei due “orti” mi è piaciuto di più? Non saprei scegliere, sono delle esperienze magnifiche entrambi! Attenzione che tutti i sensi sono coinvolti: consiglio di chiudere gli occhi e lasciarsi sopraffare dagli odori… così ho scoperto che il profumo della nostra cara macchia mediterranea – spruzzato di salvia e elicriso – è il più buono di tutti.
Per lasciarvi con un po’ di acquolina in bocca vi segnalo la pagina YouTube dell’Università di Padova, dove potrete rifarvi gli occhi (ahimè, l’olfatto no) con una serie di filmati sull’Orto Botanico: ho scelto di postare qui il video con la panoramica generale del giardino antico e delle quattro serre moderne, per farvi capire l’entità di tanta bellezza. Enjoy!